Inaugurata a Minori (nella foto) la mostra “Tauromachia”, le ceramiche di Antonio D’Acunto. L’esposizione, ultimo appuntamento del programma di Aperto curato da Massimo Bignardi, propone le opere realizzate dal ceramista vietrese in questi ultimi anni e interamente dedicate alla mitica immagine del toro: oltre quaranta lavori che disegnano una traccia narrativa che, da coniugazioni espressioniste tratte dal repertorio di Goya, lambisce stilizzazioni proprie di grandi maestri con-temporanei, tra questi indubbiamente Picasso e Gambone. Accompagna la mostra un elegantissimo catalogo progettato da Giuseppe Fusco, con testi di Massimo Bignardi, Irene Biolchini e Paolo Romano. D’Acunto si è confrontato con un tema così noto e ampiamente tradotto dalle forme dell’arte, eppure il suo lavoro ne propone con estrema lucidità un ulteriore, autonomo angolo di lettura. L’artista prova a vestire l’abito luminoso del torero, non si cela nell’arbitrarieta di un linguaggio plastico, anzi lo usa per dare impulso al suo essere nell’unita dell’arena, nello spettacolo di una corrida ove, sa bene, a trionfare sara il misterioso inganno che l’arte mette su a danno del reale.
D’altra parte il giovane ceramista vietrese gia da tempo ci ha abituati a simili prove: si pensi, ad esempio, alle figure che abitano il suo repertorio di zoologia fantastica, al ciclo degli oggetti onirici, ove e ancora la vivacita di archetipi mediterranei ad offrire l’impronta. L’iterata forma del toro misura, di volta in volta come un gioco di specchi, piccoli spostamenti, leggerissime varianti tanto quanto basta a dare un nuovo scarto espressivo, un’ulteriore declinazione della sintesi formale che, D’Acunto, spinge sino a chiuderlanelle regolari linee della geometria o, come e stato per le opere realizzate di recente, ad assumere i segni di una scrittura minima, quasi ideo-grammi, proposti come simboli di un rituale a noi sconosciuto.